Il suo merito principale è quello di aver colmato un vuoto. Perché nessuno, prima di lui, aveva analiz- zato il variegato e complesso mon- do della scuola in questo modo, mi- schiando l’ironia a un’acuta osser- vazione della realtà. Filippo Cacca- mo ha dato voce alla categoria degli insegnanti, categoria sempre snob- bata e sottovalutata in cui convivo- no giovani alle prime armi («A set- tembre partono super entusiasti, ad aprile non ce la fanno più») e “prof” prossimi alla pensione, quelli che «la mattina li vedi camminare in corridoio mentre cercano su Google una scappatoia per accorciare la lo- ro agonia».

«Fare l’insegnante è un lavoro ignobile, fare l’insegnante è un la- voro devastante, psicologicamente ti distrugge. I miei amici mi dicono: “Eh, voi insegnanti, a casa alle 13.30, tre mesi di vacanza in estate, venti giorni a Natale”. Vieni tu, se sei così bravo!». Anche sabato, al debutto in piazza della Vittoria per l’apertu- ra ufficiale di Lodi al sole, Caccamo, da un paio d’anni prof alla scuola media “Ada Negri”, si è confermato profeta in patria: centinaia di perso- ne hanno sfidato il caldo soffocante di inizio luglio per non perdersi nemmeno un secondo di “Tel chi Fi- lippo!”, lo spettacolo che ha debut- tato in doppia data la scorsa primavera al Teatro alle Vigne e che ha poi riscosso successo in tutta Italia. La scuola, con tutte le sue magagne, i “casi umani”, i fantozziani collegi docenti, gli alunni svogliati che par- lano in corsivo (la lingua-caricatura nata per imitare la parlata cantile- nata delle ragazze milanesi e finita per diventare un fenomeno social), resta il centro di gravità di un one- man-show scoppiettante, capace di catturare l’attenzione degli spetta- tori anche in un luogo bellissimo e magico ma parecchio dispersivo come piazza della Vittoria. “Tel chi Filippo!” si spinge però oltre le mura degli istituti scolastici: è un con- densato della vis comica dell’attore lodigiano, abile a dialogare con il pubblico (sul palco sale pure un suo alunno) e a spaziare con leggerezza tra vari argomenti: come cambia la vita quando si diventa grandi, lo smarrimento degli uomini quando sono costretti ad accompagnare mogli o fidanzate nei grandi outlet, la fila per fare il tampone al Parco tecnologico padano, le peripezie per entrare in possesso dello Spid (esi- larante il botta e risposta con il foto- grafo Pasqualino Borella sulle tem- pistiche per ottenere l’agognata identità digitale). Nello spettacolo è evidente la lezione dei mentori Franco Rossi e Bigno Bignami, ma anche di mostri sacri come Carlo Verdone (proprio come l’attore ro- mano, Caccamo studia, analizza ed estremizza i tic, i vizi e le virtù di chi gli sta vicino e crea maschere irresi-

stibili) e Roberto Benigni, fonte di ispirazione per il monologo finale, quando Caccamo recita la parte più nota dell’ultimo canto del Paradiso della Divina Commedia, l’orazione alla Vergine Maria. Uno spunto nato dal vicino tempio civico della Beata Vergine Incoronata, lo scrigno d’ar- te di Lodi che Caccamo (laureato in storia e critica dell’arte) ha com- mentato attraverso un video diven- tato virale. Un atto d’amore nei con- fronti della città, di nuovo viva, pul- sante e vogliosa di ridere dopo i mesi tremendi della pandemia.

2022.07.04_Il Cittadino