Da “La voce del Trentino

La scuola è quel luogo dove ogni persona ha modo di crescere, imparare e creare ricordi… positivi o negativi che siano.

Lo sanno bene gli studenti (impegnati nel loro percorso di crescita) e lo sanno ancora di più gli insegnanti, che oltre a doversi destreggiare tra studenti (pardon, “utenze”) di ogni sorta, devono anche districarsi in quel complicatissimo reticolo di relazioni tra colleghi, genitori e tutto il microcosmo dell’ambiente scolastico.

Per gli insegnanti, al giorno d’oggi, ricoprire questo ruolo è un vero e proprio atto di coraggio e di enorme dimostrazione di pazienza e forza di volontà. 

Quando si parla della scuola (specie negli ultimi tempi), si rischia sempre di camminare in un campo minato. Tuttavia, c’è chi di questa realtà a tratti tragica e a tratti comica è riuscito a creare uno spettacolo che ben rappresenta (in modo chiaramente ironico) la scuola italiana, dall’infanzia alle superiori nessuno escluso.

Filippo Caccamo, comico, autore e attore di soli 30 anni, non solo è riuscito ad avviare una carriera (ora temporaneamente in pausa) nella scuola, ma è anche riuscito a portare in scena uno spettacolo genuino (QUI link), in cui è stato davvero impossibile non ridere nel riconoscere sia i personaggi da lui creati per il web, ma anche nel ritrovarsi davanti quelle situazioni che bene o male ogni studente e/o insegnante ha vissuto sulla propria pelle almeno una volta nella vita.

Partendo dal rapporto di amore/odio (più di odio in realtà) con la famigerata LIM, alle verifiche, alle “genialate” degli studenti, alla varietà infinita di colleghi e arrivando a toccare persino i due terribili anni della Pandemia e la Didattica a Distanza, il tempo scorre fin troppo veloce e lo spettacolo si conclude lasciando mille capitoli aperti e tante certezze: la prima, che se non si insegna è impossibile mettersi nei panni dei docenti e delle loro vite; la seconda, che per quanto bistrattati dalla loro stessa vita, i docenti sono coloro che hanno la possibilità di forgiare le persone del futuro, e di accompagnarle in un cammino che sembra essere sempre più difficile e complicato

Parlare della scuola non è facile, ma Filippo ha fatto centro: a confermarlo, non solo i numeri sui social ma anche il Teatro Auditorium di Trento che ieri sera è stato praticamente “invaso” da docenti, insegnanti e qualche studente che per 90 minuti circa hanno potuto ridere senza problemi delle loro avventure di ordinaria follia portate sul palco. (Bellissimo lo striscione “pensati al 08-6” [8 giugno]).

Un’insegnante da Trento ci ha raccontato che “insegno da pochi anni, non sono di ruolo ma quando ho scoperto il canale di Filippo mi sono rivista in tantissime situazioni. Le gite con gli studenti, le loro prodezze, quello che gli insegnanti vedono e che vivono ogni giorno… non potevo mancare allo spettacolo!“. E poi le varie conferme in qualche commento (“anche a me succede sempre!“, “verissimo!”), tantissimi i colleghi in gruppo, tutti impegnati anche prima e dopo lo spettacolo a raccontarsi aneddoti e a riconoscere nei personaggi di Filippo anche i loro studenti o i loro colleghi.

Un successo a dir poco incredibile: per una sera gli insegnanti hanno potuto fare quello che non possono mai osare, ovvero ridere senza pensieri di quella che è la loro quotidianità. Una carriera che – chi non la vive – non la può proprio capire. 

Prima dello spettacolo, siamo inoltre riusciti a fare una breve chiacchierata con Filippo.

Ciao Filippo! Ma come ti è partita l’idea di fare il comico, di lavorare nel teatro?

«Come tutte le velleità artistiche, chi sa disegnare o suonare, sono talenti che prima o poi vengono fuori. Questo è molto un mestiere ma anche tanta natura. Puoi piacere o non piacere, ma credo che quando ho iniziato a fare questo mestiere ho avuto subito chiaro in mente che è sul palco il luogo dove mi sento esattamente nel posto del mondo che mi appartiene. Poi c’è sempre modo di migliorarsi, di scrivere cose ancor più divertenti, di fare spettacoli ancora più belli però credo che l’idea iniziale sia stata un qualcosa di innato.»

Come fai a conciliare scuola e teatro? 

«Quest’anno sono ‘fermo’ mentre l’anno scorso ho conciliato entrambe le cose. È stato molto molto complesso e c’è stato un momento in cui ho rischiato di fare male entrambe le cose. Quindi, sapendo che in estate (2022) avrei avuto un tour molto sostanzioso, per rispetto ai ragazzi che avrebbero avuto supplenti su supplenti, ho preferito fermarmi e vedere come andava. Perché ai ragazzi poco importa che hai il tour, loro hanno bisogno di una continuità scolastica che giustamente quest’anno non avrei potuto dargli e quindi ho preferito fermarmi.»

Domanda difficile: scuola o teatro?

«Teatro tutta la vita. L’una non è il “piano B” dell’altra, nel senso che comunque mi trovo molto bene ad insegnare, ma se proprio dovessi sceglierne una direi teatro… perché come ti dicevo prima è veramente la passione di una vita.»

Com’è stato interagire con i colleghi, sapevano dei video? Ti seguono? 

«Sono stati sempre degli angeli! Sono venuti a tutti i miei spettacoli, tutt’ora li ritrovo agli spettacoli. Non mi hanno mai fatto mancare nulla, anzi se un giorno non li mettevo nei video mi venivano a dire “ma come non mi hai messo nel video di ieri”!»

Fantastico allora! Perché comunque quando crei contenuti come ad esempio i tuoi c’è sempre un margine di rischio che magari qualcuno vada per risentirsi.

«Eh si, però sai se non ti prendi un rischio nella vita non riesci a fare nulla. (…) È un mondo complicato, oggi ci sei, domani cadi, poi ti rialzi, etc… a questo punto divertiamoci! Non c’è più la mentalità che entri in fabbrica a 25 e ci muori a 60… Mio papà a 51 anni, dopo 30 anni di docenza di matematica, si è rimesso a studiare per un anno intero, un anno e mezzo ed è diventato Preside.

Per me è un esempio di vita, perché se a 50 anni ti rimetti in gioco vuol dire che questo è il mondo. Penso che prendersi il rischio di osare qualcosa sia l’essenza di questi tempi. Per me. Poi se qualcuno preferisce una realtà un po’ più solida – e ne hanno milioni di ragioni – penso che siano semplicemente modi diversi di vedere e di vivere l’oggi. Basta essere soddisfatti, alla fine. Io sono soddisfatto così, magari cambierò, non lo so.»