Avrebbe potuto festeggiare con i familiari. Ma un compleanno così non lo dimenticherà mai: un coro di
800 persone, quelle che hanno riempito l’Auditorium Paganini per il suo spettacolo, ha cantato «Happy Birthday», sventolando cartoncini bianchi consegnati dallo staff prima dell’inizio dello show, all’insaputa
dell’artista. E così Filippo Caccamo ha mostrato per la prima volta dopo due ore in scena, un pizzico di imbarazzo.
Prima tante battute, simpatia che ha strizzato l’occhio ai presenti, condivisione con il pubblico di un mondo, quello della scuola, che, diciamo la verità, purtroppo è una solida base per trovare spunti validi. Lui cavalca l’onda come il migliore dei surfisti, assecondato e applaudito da chi, in qualche modo, è legato all’ambiente: «Quanti insegnanti ci sono? (Alzano le mani il 99% dei presenti). Bene: in pratica questa sera siamo davanti è un collegio docenti». E ancora: «Io, in realtà, faccio questo spettacolo per chi non insegna. Perché chi non insegna, non può capire», applauso scrosciante.
«Le Filippiche», ecco il titolo scelto, richiama il suo nome e quello che è stato il suo lavoro prima
di intraprendere la nuova carriera: l’Insegnante di lettere. «Mi emozionano tutti questi elogi per un semplice collega delle medie. Già, le medie: il posto dove la metà dei ragazzi dovrebbe essere ancora alle elementari e l’altra metà in carcere».
Caccamo interagisce con gli spettatori, li intervista: «Lei è il marito di una docente? Un lavoro difficile. Ogni sera, prima di andare a letto, dedico un pensiero alla vostra categoria. Lei invece lavora alla scuola dell’infanzia? Fa parte di chi entra in aula la mattina vestito da veterinario per spalare nella stalla. E ho detto tutto».
Alle battute ficcanti e coinvolgenti, Caccamo aggiunge una mimica facciale che aumenta esponenzialmente il livello di simpatia: «La gita alle superiori. Che dramma: si parte in 20 e si torna in 3». Attimo di pausa teatrale: «O forse in 23. Molto più probabile. Nessuno vuole portare i ragazzi di quell’età in gita. Ho visto presidi costretti a prendere il primo tossicodipendente che si aggirava nei paraggi della scuola e spingerlo a forza sul pullman per fare da guardiano agli alunni».
Viaggia nel tempo («Quando ero studente, l’insegnante di inglese si riconosceva in mezzo alla folla perché pendeva da una parte: portava sempre con sé il registratore per le listening») e scherza sull’abilità informatica di alcuni colleghi («Il collegio docenti online? Uno spettacolo comico»), porta in scena alcuni suoi personaggi (come «la Carla») e dedica un monologo accorato a Giammaria (il tipico alunno sopra le righe). E dopo tante parole, chiude lo show cantando «Maledetta prima ora» (rivisitazione di «Maledetta Primavera«), tra un tripudio di cellulari che, con le loro torce, creano una splendida atmosfera da concerto.