Il mondo della scuola con le sue contraddizioni, tra burocrazia e precarizzazione. Il mondo della scuola che rincorre modernità, cercando di entrare nel nuovo millennio tra didattica a distanza, lavagne elettroniche ma soprattutto il mondo della scuola con i suoi personaggi, dai dirigenti agli insegnanti, dalle segretarie ai bidelli. Tutti un po’ esauriti, tutti molto divertenti, tutti raccontati e interpretati dall’istrionico Filippo Caccamo che domani alle 17 salirà sul palco del Teatro Carbonetti con “Tel chi Filippo”, spettacolo sold out da giorni che ci riporta tutti indietro nelle aule scolastiche della nostra adolescenza. Quest’anno il calendario degli spettacoli è fitto.
Ti sei preso una pausa dall’insegnamento?
“Si, stato possibile conciliare entrambe le attività, e non sarebbe stato giusto nei confronti dei ragazzi avere un docente troppo assente. Ma in tre anni di insegnamento (ero docente di lettere alle medie) ho raccolto talmente tanto materiale che potrei scriverne altri dieci di spettacoli. E quindi per ora mi sono preso un anno sabbatico, poi si vedrà.
Ti sei già stufato?
“No, per carità, mi sono divertito come un matto però non era questo che volevo fare da principio, mi ci sono trovato un po’ dentro, e invece insegnare è una missione che devi sentire. Perché se lo fai per lo stipendio, diciamocelo, non ne vale la pena.
É frustrante?
«È un lavoro in cui dai mille tutti i giorni e sei fortunato, ogni tanto ti torna indietro dieci. Certo quel dieci ti fa passate tutto, ti dimenticare ogni fatica fatta fino a quel momento, ma non è detto che succeda. Quindi si è frustrante ma a volte è molto gratificante. L’anno scorso, per esempio, avevo un ragazzo che voleva mollare la scuola, e una famiglia che lo avrebbe appoggiato. E allora io li a parlargli per ore, discorsi su discorsi, a convincerlo che doveva provare ad andare avanti. Ho spuntato prima un professionale, e poi addirittura un istituto tecnico. Certo può ancora perdersi. può ancora mollare ma intanto ha fatto un passo avanti, e se nella prossima scuola troverà un altro insegnante che lo prenderà a cuore, magari arriverà fino in fondo. Sta tutto qui, nel riscontro umano, la soddisfazione dell’insegnante.»
Nello spettacolo imiti i tuoi colleghi, li prendi in giro in continuazione. Come reagiscono?
«Sanno anche loro che racconto la verità, e che anche se esagero un po’ il mondo della scuola (e loro in primis) sono proprio come li descrivo. Ed essendo tutte persone intelligenti, sono anche autoironiche»
Tu sei classe 1993: com’è essere un millenials in cattedra?
«E’ bello perché hai colleghi freschi di università come te e altri che insegnano da trent’anni, un ambiente quindi eterogeneo e stimolante, in cui puoi imparare qualcosa da tutti. Ma è anche un po’ faticoso dal punto di vista tecnologico: le scuole italiane sono ferme agli anni Settanta, e la burocrazia che sta dietro al mestiere del docente è esasperante. Per chi è nato (o quasi) con lo smartphone in mano è tutto molto farraginoso: la scuola italiana va snellita nelle sue pratiche, ammodernata e portata finalmente nel ventunesimo secolo»