Da “La Repubblica”
Un “one man show” con una carrellata esilarante di personaggi, tic e assurdità del mondo della scuola: quelli seguiti da 700 mila follower sui canali social e interpretati da Filippo Caccamo. Stasera alle 21, uno dei volti nuovi più lancia ti della comicità italiana, è al teatro Acacia (unica data) con Tel chi Filippo!” , un titolo che sta registrando il tutto esaurito nella tournée italiana. «Tutto nasce dalla scuola del lodigiano dove, appena laureato in Scienze dei beni culturali, ho insegnato italiano per un anno: quello del lockdown e della Dad – spiega l’attore classe 1993, anche autore dello spettacolo – Non vedo l’ora di confrontarmi con il pubblico napoletano. Per chi fa l’attore comico. come me, il capitolo Massimo Troisi è imprescindibile».
Caccamo, tra i suoi primi fan ci sono proprio i professori.
«Quando ho iniziato a lavorare a scuola, sono stato anche un attento osservatore sul campo. Mi è piaciuto molto vedete i miei colleghi lavorare. Allora ho capito che dovevo raccontare questo mestiere stupendo».
Ma anche difficile.
«Il mio è anche un modo per sdrammatizzare i problemi che affliggono la scuola italiana. La mia comicità vuole alleggerire»,
Ad esempio?
«Prendo in giro la Lim, la lavagna interattiva che non va mai o l’eccessiva burocrazia, le domande assurde degli studenti, le richieste improponibili dei genitori. La chiave giusta per parlare dei problemi, a mio è non prendersi mai troppo sul serio».
A lei piaceva studiare?
«Neanche un po’: alle medie e al liceo i miei pensieri erano altri. I ragazzi vanno invogliati: il successo a scuola dipende almeno per il 60 per cento dagli insegnanti. Non tutti trovano quelli appassionati e che sanno appassionare».
Quali personaggi vedremo?
“Il preside che trova sicurezza nel burocratese, la vecchia insegnante “montessoriana” che non riesce ad andare in pensione, e poi tutto quel mondo fatto di collaboratori, segreterie e rappresentanti di libri. Ma al centro di questa pagina c’è “la Carla” , l’insegnante che è dentro tutti noi: ama e odia la scuola, ci mette l’anima e non vede l’ora di tornare a casa, vive il Suo lavoro come una missione, ma ne sente tutti i limiti umani».
E anche la Dad.
«Un tornado per la scuola. Io abito a cinque minuti da Codogno, ho vissuto dal primo minuto tutte le restrizioni e i drammi di questa pandemia. Ma ne usciremo migliori, anche se al momento non sembra perchè siamo tutti un po’ più nevrotici».
Quale l’insegnamento?
«La grande voglia di partecipare. Siamo alle prese con un enorme punto di domanda sul futuro, ma ora siamo più attaccati alla vita
Per lei è la prima volta a Napoli
«Ho un rapporto diretto con il pubblico, non vedo l’ora di confrontarmi con quello napoletano, competente e partecipe: una platea viva e non di persone che sono in sala solo per uscire con la moglie. Napoli è un punto cruciale per chi fa il mio mestiere: non puoi non fare i conti con chi ha davvero recitato qui, in questa città».
A chi si riferisce, in particolare?
«A casa ho un ritratto di Eduardo disegnato da Fellini, per intenderci. Se vuoi tare il comico, bisogna affrontare il capitolo Massimo Troisi.
Sono cresciuto con “Non ci resta che piangere”. Attendo con ansia il documentario di Martone su Troisi, un comico, ma soprattutto un regista a cui va ridata la giusta collocazione, fino a trasmetterlo alla generazione che non lo conosce tanto».