Da Alto Adige
Classe 1993, oltre un milione di follower tra Instagram, Facebook, YouTube e TikTok, laurea in Beni Culturali e in Storia e Critica d’Arte.
Questo è Filippo Caccamo, attore-autore-comico-scrittore-ex insegnate, che il 25 ottobre porterà all’Auditorium Haydn di Bolzano il suo nuovo spettacolo “Tel chi Filippo”. Poco più che ventenne, ha iniziato a pubblicare sui social video comici che raccontavano la “vita disperata” degli studenti universitari. Da qui il boom: una serie di tour teatrali interamente sold out, le partecipazioni tv a “Eccezionale Veramente” e “Colorado”, il romanzo “Vai Tranquillo” edito Mondadori. Nel frattempo Filippo si è laureato e, nel 2020, ha iniziato a insegnare a scuola: un momento di svolta per la sua carriera professionale di attore e creator. Ha anche partecipato a tre film: “Rido perché di ti amo” di Paolo Ruffini, “So tutto di te” di Roberto Lipari e “Senza lasciare traccia” di Gianclaudio Cappai.
Gli abbiamo chiesto di presentarci il nuovo spettacolo che arriva a Bolzano.
Sono molto contento e orgoglioso di venire a Bolzano perché l’ho scelta io ed è la prima volta. Anche questo spettacolo gira intorno al mondo della scuola, è un grande collegio docenti che va da Milano a Napoli. Ci sono tanti monologhi, i miei personaggi e come sempre c’è la musica, a modo mio: da “Maledetta prima ora” a “Sarà perché insegniamo”. E’ un mondo che conosco bene: sono stato supplente per 4 anni e per 2 ho insegnato lettere in una scuola media».
Ma poi ha lasciato la scuola.
Sì, non riuscivo a fare scuola e teatro insieme. Mi sono detto: o scappo o racconto questo mondo. Lo faccio con rispetto e affetto: infatti vengono a vedermi i colleghi, i miei studenti, i genitori.
Per disegnare i suoi personaggi si è ispirato a persone reali?
Sono tutti veri e reali, a cominciare dai loro nomi: Mario, Teresa…. Il suo spettacolo ha ricevuto
ovunque recensioni positive. La gente si diverte. Qual è oggi la chiave per fare divertire? Io uso il punto di vista “verdoniano”. Come Carlo Verdone osservo e porto in scena la realtà, le persone che incontro.
Gli spettatori sono partecipi perché si ritrovano o ritrovano qualcuno che conoscono. E’ questa la chiave per far ridere. Ma ripeto, sempre con rispetto e tatto per il mio pubblico. Il mio è un pubblico colto,
a cui devo dare il massimo, sono colleghi che escono da un infinito collegio docenti, piove, è mercoledì, devono uscire, parcheggiare, prendere il biglietto. Io cerco di dare il massimo e la gente per un’ora
e mazza si diverte.
Le servono le sue lauree?
Tanto, perché non servono a niente. Per me è molto importante il bagaglio culturale. Sono stato educato a studiare il bello, ad avere un punto di vista analitico, ho acquisito dialettica e so comunicare.
In classe che professore era? Faceva ridere i suoi studenti?
Ero un insegnante tosto, pretendevo che i miei studenti studiassero e sapessero. Ho dato note e sospensioni, li ho fatti anche piangere.
Secondo lei come deve essere un bravo prof?
Con i ragazzi bisogna instaurare un dialogo culturale e bisogna capire il loro punto di vista. L’insegnante deve conoscere il suo target, chi ha davanti. Ho avuto dei colleghi sconnessi che non sapevano a
chi, come, cosa dovevano insegnare. L’insegnante deve avere autorevolezza, non autorità.
E adesso che non va più a scuola, dove trova ispirazione?
Ho tanti di quei ricordi e ho preso tanti di quegli appunti che ho materiale per parlare di
scuola per anni.
Cosa c’è che non va nella scuola?
Non è certo un comico che può risolvere i problemi della scuola. Il docente è come il pilota d’aereo che deve pilotare e atterrare e non deve essere lasciato solo. Ma non può occuparsi degli snacks e delle bevande a bordo! Secondo me adesso c’è eccessiva tutela degli alunni. La scuola adesso è una barca da traghettare senza timone. Niente più scuola, ma tanto teatro. Vorrei vivere in teatro e anche
morirci, come diceva Gaber. Il teatro non tradisce. Tra 100 anni non ci sarà più Instagram, ma il teatro ci sarà sempre.
D.M.